Il 19 marzo si sa... è la festa del papà! Un nostro compagno, Matteo Brembilla, ha voluto raccontarci un libro, un rapporto epistolare un po' particolare tra un padre e un figlio, che oltre a interessarci, ci ha fatto riflettere molto, insegnandoci anche a non dare nulla per scontato...
Il libro che dedico a mio padre per la festa del papà si intitola “Mio papà scrive
la Guerra”, di Luigi Garlando.
Ho deciso di leggerlo per i riferimenti
molto attuali al terrorismo, visti i continui attacchi e rapimenti compiuti dall'Isis negli ultimi tempi.
Il protagonista è Livio Sala, un
giornalista di guerra, che scrive di fatti accaduti in Afghanistan precisamente
a Kabul.
La sua famiglia viene a sapere che è
stato rapito grazie alla conduttrice del telegiornale.
Così, infatti, scrive Tommaso: “Ti sei
messo a tavola con noi all'ora di cena. Capotavola, per la precisione. La tua faccia ha riempito per intero la
televisione mentre la signorina del telegiornale raccontava che erano stati
rapiti quattro giornalisti, e uno è italiano. Tu papà”.
Da quel giorno Tommy e il padre si scrivono delle lettere l'un
l'altro (o immaginano di farlo) raccontandosi la giornata trascorsa, il primo a Milano e il secondo
in Afghanistan.
Tommy, ogni volta che scrive una lettera,
crede, o forse si sforza di credere, che il padre sarebbe tornato vivo a casa.
Dall'altra parte, in Afghanistan, il
padre, insieme ad altri tre colleghi, è tenuto prigioniero dai talebani in una
buca; i quattro giornalisti ricevono da mangiare un pezzetto di pane a testa al giorno.
Purtroppo non tutti i giornalisti
sequestrati riescono a sopravvivere, ma soltanto il padre di Tommy e la collega
spagnola Felipa.
Alla fine, per fortuna, il padre di Tommy
ritorna a casa sano e salvo.
Tommy, appena lo rivede, impazzisce di
gioia e viceversa il papà.
Il padre promette a Tommy che sarebbero andati in moto a
Valencia il giorno di San Giuseppe e sarebbero stati ospitati a casa di
Felipa.
Di questo libro mi ha colpito la tenacia
di Tommy che, nonostante la gravità della situazione, persevera nella speranza
di rivedere suo padre.
L'amicizia col compagno di classe Ahmed
gli permette anche di capire come la religione venga spesso adoperata dagli
uomini per giustificare i più terribili crimini.
Undici anni dopo la pubblicazione di
questo libro, la stessa osservazione, si può applicare agli eventi di Parigi e
Bruxelles, oltre che di altri luoghi molto distanti da noi, dove certe violenze
sono all'ordine del giorno.
Matteo Brembilla