Ecco a voi un avvincente e originale racconto giallo, ideato e scritto a catena dai nostri compagni Marta Mantero, Charlotte Von Mallasz, Davide Fazio e Elisa Barsella!
Il tombino
Si
sentì un tonfo incredibile uscire dai tombini della periferia di New York. Da
uno in particolare straripavano lordure di tutti i generi e quello, posso
assicurarvi, che non fosse un bello spettacolo.
Io
mi chiamo John e, grazie a questo problema fognario, ho vissuto una delle
avventure più paurose e inquietanti della mia vita.
Ma
partiamo dal principio.
Tutto
incominciò quando vidi degli idraulici entrare nel tombino sulla terza strada
esattamente di fronte a casa mia. Mi
misi ad origliare e i loro commenti erano tutti del tipo “ma che puzza”,
“questa puzza mi insospettisce”. Dopo alcune ore la sirena di un'ambulanza mi
svegliò e, spostando le tende, vidi arrivare le auto che si fermavano attorno a
quel tombino. All'inizio non ci feci caso e tornai a dormire. Arrivò notte
fonda e io essendo sonnambulo feci la classica gita per la casa, ma qualcosa
andò storto, mi ritrovai fuori per strada e la mattina mi risvegliai al freddo,
in un luogo umido e puzzolente, di fianco a un uomo, morto.
(Marta
Mantero)
Era
tutto buio ma riconobbi perfettamente la sagoma di quell'uomo a poco meno di
cinque metri da me. Per fortuna vicino alla vittima c'era un piccolo
portachiavi che probabilmente gli era caduto dalla tasca. Illuminai il ragazzo
e notai un taglio apparentemente profondo sul collo rosso e una fune
all'altezza dell'orecchio. Mi guardai attorno in cerca di un'uscita, non
riuscivo davvero a capire come fossi arrivato qui. Qualcosa mi sfiorava la
testa, probabilmente un insettino o semplicemente era una mia impressione.
Sentii qualcosa di liquido scendermi lungo la tempia. Toccai con la mano la mia
guancia e mi accorsi che quello strano liquido era sangue. Alzai la testa e
constatai che ciò che mi sfiorava la testa era una fune spezzata a metà. Quel
pezzo di corda accanto alla vittima era l'altra parte. Mi venne l'istinto di
guardare in basso e notai una cassa rovesciata. Mi sembrava proprio il caso di
un'impiccagione, ma restava ancora da scoprire chi era stato, chi fosse
quell'uomo, perchè e quando era successo l'omicidio. Finalmente circa 50 metri
più in là trovai un'uscita con una scaletta malridotta e vidi la chiara luce
mattutina. Erano le 4:59 di notte eppure nella città c'era già una luce
confusa.
(Charlotte
Von Mallasz)
A
quel punto mi ritirai in casa e chiamai la polizia.
La
polizia arrivò il mattino seguente a fare un sopralluogo. Il detective Conan
fece esaminare l'arma del delitto, ma niente, nessuna impronta lasciata
dall'assassino. Conan decise di dare un'occhiata al suo rifugio. Appena entrato
il detective ebbe un colpo allo stomaco per l'ansia di quell'inquietante posto
infestato da topi, insetti e bottiglie di vodka ovunque. Conan convocò sua
moglie. Ella gli disse che erano divorziati perché dopo aver perso il lavoro
aveva incominciato a bere e non voleva che suo figlio vedesse come si fosse ridotto suo padre. Jacob
Dallas, la vittima, lavorava in un'officina meccanica, ma venne licenziato
perché minacciava Eric Boston perché non gli dava tanti soldi. Conan convocò
anche tutte le persone del posto in cui era avvenuto l'omicidio ed a tutti fece
la stessa domanda, se avessero sentito o visto qualcosa la notte dell'omicidio.
Ma nessuno, nessuno aveva visto niente, tranne un bambino di 8 anni che quella
notte non riusciva a dormire. Sentì delle urla, si affacciò alla finestra e
vide un uomo a volto coperto con una tuta nera che strangolava la vittima.
(Davide
Fazio)
Il
bambino era sotto shock e continuava a piangere. Conan cercava di
tranquillizzarlo, ma senza risultato. Gli chiese come fosse fisicamente l'uomo
e lui rispose che era abbastanza alto con la pelle molto chiara e gli occhi
neri come il petrolio. Il detective se ne andò, ritornò dalla moglie del morto
e le chiese se il marito avesse dei nemici, ma lei negò e l'intervista finì.
L'unico sospettato rimaneva il capo di quando lavorava in officina che avrebbe
potuto ammazzarlo per ripicca, ma non si escludeva l'ipotesi del suicidio. Non
si riusciva a capire il perché di così tante bottiglie sul luogo del delitto.
Purtroppo l'acqua stagnante aveva lavato via le impronte digitali dalle
bottiglie di vodka, ma per fortuna attaccati al nodo della corda dell'impiccagione
c'erano delle impronte, anche se molto confuse. La squadra di polizia
scientifica fu molto brava e ricondusse le impronte a un certo Mattew
Sartorius. Mattew era un uomo sulla quarantina, sposato e rimasto vedovo pochi
anni dopo il matrimonio, lavorava come magazziniere presso un'azienda di
assorbenti ed era un grande amico di Eric. Tornava tutto. Eric ingaggiò il suo
amico d'infanzia per ammazzare Jacob che non finì di ricattarlo anche dopo il
licenziamento. Eric prima gli fece perdere i sensi soffocandolo con le mani e
poi, per far credere che fosse un suicidio lo impiccò e lo ammazzò definitivamente.
Sia Eric che Mattew finirono in prigione. Mattew confessò e venne condannato a
soli 20 anni di galera mentre a Eric toccò l'ergastolo.
(Elisa
Barsella)
molto bello anche l' idea di farlo a catena perchè è anche più difficile perchè bisogna pensare a quello che voleva dire il compagno
RispondiEliminaSiete stati molto bravi!!!!
RispondiEliminaMolto bravi. Siete un gruppo perfetto
RispondiEliminaBellissimo molto bello che suspense
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