Siamo orgogliosi di presentarvi un racconto giallo appassionante e ricco di suspance, uscito dalla penna della nostra compagna Carlotta Butti! Chissà se dopo averlo letto accetteremo ancora le amicizie di sconosciuti su Facebook?! ;-)
Christine si guardò allo specchio per qualche secondo poi
telefonò alla madre per dirle che era uscita con John. “Rientrerò verso le
undici” le disse “non preoccuparti” e riattaccò. Sperava di risolvere il tutto
in un’ora e che la misteriosa ragazza che l’aveva contattata via Facebook,
dicendole di essere una sua compagna di scuola, si presentasse per dirle
“alcune cose importanti” come le aveva accennato via chat. “In un’oretta”
pensava “risolverò tutto e potrò raggiungere John per il nostro appuntamento
settimanale”. Uscì di casa e si avviò verso la fermata della metro, poco
distante da casa sua. Quando vi arrivò la vide: una ragazza dall’aspetto
familiare, di qualche anno più grande di lei, con i capelli lunghi, neri e
liscissimi, la carnagione pallida e vestita completamente di nero.
Quest’ultima, come la vide, chiuse il
cellulare e le andò incontro con un sorriso. “Tu sei Christine vero? Piacere io
sono Rachel. Vieni, ti devo dire alcune cose importantissime.” le disse, senza
neanche farla parlare. La prese per un braccio e la condusse in un
sottopassaggio. Le pareti erano cosparse da disegni, il pavimento era tutto
sporco e chiazze d’umidità rendevano il posto ancora più schifoso e
inquietante. Christine cominciò ad agitarsi: perché era andata lì? Perché
quella strana tipa la stava portando in quel posto?
“Siamo arrivati?”
chiese la ragazza a Rachel, con la voce ridotta ad un sussurro. Quest’ultima
non rispose, ma continuò a camminare, come se conoscesse bene la strada.
Proseguirono ancora per diversi metri fino a quando, improvvisamente, Rachel si
voltò e le sorrise in modo enigmatico. Christine non fece in tempo a dire nulla
che si sentì stringere il collo. “Tuo padre pagherà caro per avermi rubato la moglie.”
disse una voce maschile. La “prigioniera” cercò di girarsi per vedere in viso
chi le stesse parlando in modo tanto minaccioso, ma non ci riuscì: una mano le
stringeva violentemente la nuca. Rachel era lì che contemplava la scena con un
ghigno minaccioso stampato sul volto. Dopodiché prese un coltello dalla tasca e
lo passò all’uomo. Christine si sentì gelare, ma non fece in tempo a dire nulla
perché gli venne conficcato nel collo.
La ragazza cercò di urlare per farsi sentire, ma dalla bocca le uscì
nient’altro che un grido strozzato. L’ultima cosa che vide, prima di crollare a
terra, fu il ghigno minaccioso sulla bocca del suo assassino.
Passò un’ora, due, tre. Nessuno passava di lì ma, finalmente,
verso le undici meno un quarto, Padre Jacopo (Parroco della parrocchia frequentata
da Christine) notò il corpo abbandonato. Si avvicinò con cautela e, con orrore,
vide che quello era il corpo di una ragazza. Prese il telefono e chiamò
immediatamente la polizia: in meno di un quarto d’ora il sottopasso era gremito
di gente; dal canto suo, l’anziano prete era circondato da detective che gli
chiedevano i dettagli. Quando però arrivò l’ambulanza, il Parroco per poco non
svenne: i medici avevano girato il corpo e lui aveva riconosciuto Christine.
Chiamò subito i genitori, ma si capiva che per la ragazza non c’era più nulla
da fare: era morta sul colpo. La madre e il padre della giovane arrivarono dopo
pochi minuti. La donna piangeva, sconvolta, mentre l’altro tempestava di
domande i poliziotti e i detective. Padre Jacopo si diresse dalla madre della
ragazza. “Oh Parroco” disse questa tra le lacrime “chi è stato, chi è stato?
Oh, povera la mia Christine…ora dovremo sborsare un sacco di soldi per il funerale, per tutti questi agenti, per i
detective…oh, già in casa nostra i soldi non girano, in più, anche questa
disgrazia ci doveva capitare?!”
Padre Jacopo pensò che non era carino pensare ai soldi quando
la loro figlia era morta, ma non disse
nulla, se non qualche parola di incoraggiamento. Poi però gli venne un’idea: “Signora”
disse “io ho un cugino che collabora con la polizia e, in passato, sono già
stato ingaggiato come aiuto-ispettore.
Anche se non le posso assicurare una riuscita del caso in tempi brevi,
potrei occuparmene io in forma gratuit…“ ma non fece in tempo a finire il
discorso che la donna cominciò ad abbracciarlo, coprendolo di mille
ringraziamenti. Quando finalmente si staccò per comunicare la notizia al
marito, Padre Jacopo riuscì a mandare via la folla di curiosi che si era
radunata e congedò anche i vari poliziotti e agenti del caso. Per ultimi se ne
andarono i medici, che portarono via il cadavere. Solo verso mezzanotte, l’anziano
prete riuscì a tornare nei suoi appartamenti e, solo allora, si rese conto
della responsabilità dell’incarico affidatogli.
Il giorno dopo però, si alzò presto e si diresse verso la casa
della ragazza. Trovò la madre seduta sul divano con gli occhi arrossati e il
padre che camminava nervosamente per la stanza. “Buongiorno” disse “sarei
venuto per…” ma subito il padre di Christine cominciò a sbraitare: “io l’avevo detto che quel ragazzo con cui usciva era un
deficiente! Mia moglie mi ha detto che ieri nostra figlia era uscita per andare
ad un appuntamento con lui!” urlò. Il parroco-detective si sedette, prese dalla
sua borsa un blocco e una penna e si annotò quello che glie era stato appena
detto. “C’è qualcun altro di cui sospettate?” chiese. La madre della vittima,
che fino a prima era stata zitta, disse con la voce rotta dal pianto:
“Christine odiava molto il suo prof di matematica. Diceva che l’aveva presa di
mira e che le dava ripetizioni che non le servivano a niente…anche se, devo
ammettere, mi sembra strano che sia stato lui.” Padre Jacopo scribacchiò
qualcosa sul blocco e disse: “ci sono
altre persone di cui sospettate? Qualcuno che possa aver agito per vendetta,
per odio…?”.
“Potrebbe essere stato Federic Squirrell…vive solo con la
figlia a duecento metri da qui…diciamo che ho…problemi con lui…” disse il padre
di Christine, lanciando un’occhiata sfuggente alla moglie che però guardava in
basso.
“Conti…in sospeso? E di
che tipo?” chiese l’anziano uomo. L’altro cominciò visibilmente ad agitarsi: “Ascolti,
sono scaramucce da nulla…non soffermiamoci su questi dettagli…”. Padre Jacopo
trovò tutto questo alquanto insolito, ma non disse nulla e si congedò. Si
diresse immediatamente verso la casa dell’uomo con la figlia, i due sospettati
che avevano messo tanto in imbarazzo il padre della vittima. Suonò e le venne
ad aprire una ragazza che, quando seppe che il parroco era venuto per chiederle
alcune cose, fece una faccia strana. “Potrei vedere tuo padre?” chiese il
“detective”. La giovane non disse nulla, ma guidò Padre Jacopo in una stanza
abbastanza buia, con le pareti coperte da arazzi viola e marroni e le
tapparelle abbassate per metà, dove un uomo dai capelli brizzolati leggeva il
giornale. “Papà…” disse la ragazza. L’uomo alzò gli occhi e, trovandosi davanti
ad un sacerdote, si alzò dalla poltrona e gli porse la mano, presentandosi e
invitandolo a sedersi. “Sono qui per
conto del padre di Christine Marshall. Ieri notte, la figlia è stata trovata
morta in un sottopasso: lei ne sa qualcos…” ma non fece in tempo a finire il
discorso che l’uomo cominciò a strepitare: “IO? Io dovrei aver ucciso la figlia
di quel tale? Ma scusi, con quale accusa viene a dirmi questo? E poi, dico, lo
sa quello che fa il padre di quella ragazzina?” disse, avvicinando il suo viso
a quello del prete. “Quel verme esce con mia moglie!” urlò.
“Chiedo scusa, non sapevo fossero questioni così…personali. In
ogni caso grazie della disponibilità e arrivederci.” disse l’altro
alzandosi e avviandosi verso la porta.
Una volta fuori si diresse velocemente verso la scuola, continuando a pensare a
quello che gli aveva detto Mister Squirrell. “Ecco perché il padre di Christine
era così imbarazzato!” pensò, mentre varcava il cancello dell’istituto
scolastico. Mentre camminava per i corridoi, fiancheggiando le aule, fortuna
volle che sentisse i discorsi di due docenti: “Certo che Mister Blake poteva
evitare di venire al Consiglio d’Istituto…è un tale incapace…ma perché non se
ne sta buono in aula ripetizioni…voglio
dire, l’unico prof maschio della scuola che, al posto di guardare le cose da
un’ottica diversa, da’ ragione alle colleghe del corso A…questa scuola cadrà a
pezzi…” disse una delle due. Padre Jacopo tese l’orecchio ma le due insegnati
si erano allontanate. Fece quindi dietrofront e uscì dalla scuola: il prof di
matematica non poteva essere stato, visto
che aveva partecipato al Consiglio d’istituto.
Proprio in quel momento, la campanella suonò e un’orda di
studenti si catapultò fuori dalle aule. Quando il Parroco riuscì a farsi largo
tra la folla di ragazzi urlanti, vide un ragazzo con i capelli rossi che rideva
con i suoi amici: ne era sicuro, era John, il ragazzo di Catherine. “John!”
gridò. Il ragazzo si voltò e lo salutò. “Buongiorno Don” disse “come posso
aiutarla?”.
“Vieni ragazzo” rispose l’anziano parroco “ti devo parlare”.
John salutò i suoi amici e si incamminò verso casa, con Padre Jacopo che lo
accompagnava. “Ascolta John” gli chiese quest’ultimo a bruciapelo “ieri hai
visto Christine?”.
Il ragazzo abbassò gli occhi e disse: “In verità no. Le avevo
spedito un messaggio tramite Facebook, nel quale la invitavo fuori a cena, e
lei aveva accettato. Ci dovevamo vedere
verso le otto e mezza di sera, ma non si
è presentata.”
“Ma Christine ha Facebook sul cellulare?” domandò ancora il
prete.
“No, sul portatile.” rispose l’altro.
Padre Jacopo lo ringraziò molto e si incamminò verso la casa
della vittima. Vi entrò e, senza neanche salutare, chiese il portatile della
ragazza.
“Il portatile? E perché? “chiese la madre.
Il sacerdote non rispose ma si limitò ad
accendere l’apparecchio. Una volta avviato, entrò subito su Facebook e
controllò le chat. Effettivamente John
aveva invitato la ragazza verso le otto per un appuntamento ed era anche vero
che Christine aveva accettato. Padre Jacopo non riusciva a venirne a capo. “Sicuramente
qualcuno ha mentito.” pensò. Ritornò distrattamente nella schermata principale
e vide che, risalente più o meno alla stessa ora del messaggio precedente, ce
n’era un altro, dove la ragazza veniva invitata a presentarsi, circa per le
sette e mezzo, nel sottopassaggio della fermata della metro all’angolo. “Ci
siamo” pensò il parroco “sento di essere vicino alla soluzione.” Andò a vedere
il mittente e….bingo! era proprio Rachel Squirell, la figlia di Federic. Il
“detective” chiamò immediatamente la polizia e, quando arrivò, dopo aver
illustrato le prove, si diresse verso la casa del colpevole. Questa volta venne
ad aprire l’uomo che, capendo di essere stato scoperto, confessò la verità: era
stato lui, con il pretesto di vendicarsi, ad uccidere Christine.
“Come io ho perso mia moglie, anche lui ha
perso la figlia.” disse con una risatina perfida, mentre gli agenti gli
legavano i polsi e lo spingevano in una volante della polizia dove lo aspettava
la figlia. Padre Jacopo chiamò i genitori della ragazza che arrivarono
trafelati giusto in tempo per vedere la macchina sparire in lontananza con le
sirene spiegate. Il sacerdote-detective raccontò loro lo svolgimento delle indagini ma non
poté evitare di raccontare la storia della relazione segreta tra il padre della
vittima e la moglie dell’assassino, cosa che provocò un litigio furibondo tra i
due coniugi. Padre Jacopo, capendo di aver combinato un mezzo guaio e volendo
evitare di venire coinvolto in qualche altra indagine, si allontanò
frettolosamente pensando che, da allora in avanti, avrebbe fatto solamente il
Parroco senza immischiarsi in faccende così complicate.
Carlotta Butti
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